La chiesa è piccola, ad una sola navata, con due file di banchi di legno. La bambina, avrà otto, nove anni, è seduta al terzo banco, sulla sinistra. Ha le trecce, fermate da lacci con delle rose blu di plastica che fanno un rumore di vetro, quando la nonna le stringe, al mattino. La bambina è timida di una timidezza implacabile e invisibile, che la accompagnerà, cambiando nome e densità, fino a che sarà una donna. Ma ora è una bambina, confusa dall'agitazione perché accanto a lei è seduto Marco. Non sente neppure cosa sta dicendo il prete, si alza, si siede. Tutta la sua energia è raggelata nella sensazione dolcissima e terribile della presenza di lui, vicino a lei, e nella fatica di dissimulare. Dissimulare l'amore e la gioia, ma soprattutto la delusione, diventerà una priorità, di lì a qualche anno.
Marco si china verso il suo orecchio sinistro e le sussurra qualcosa, ma lei non capisce. Lei non riesce a sentire neanche una parola, ha un ronzio assordante in testa; sente invece, dentro, che sta per avvenire qualcosa di meraviglioso, una sorta di svelamento, di inizio. Gli chiede di ripetere, ma di nuovo non capisce. E' imbarazzata, ma per la terza volta chiede a Marco di ripeterle quel che ha detto. Lui scandisce con maggiore attenzione, sembra un po' irritato, ma è un bambino dolce e paziente. Posso venire al tuo posto così sto vicino a Daniele?
Dopo molti anni, molti, la bambina che non è più una bambina ricorda perfettamente quel momento. Nella sua memoria si è dilatato fino a raggiungere lo spazio di ore, ma è probabile che sia durato pochi istanti. Cosa ha imparato, posto che abbia imparato qualcosa?
E' probabile che non abbia imparato nulla, se non l'importanza dello stato emotivo correlato ad un evento perché questo trovi una collocazione nella memoria a lungo termine, ma se ora questo episodio le è tornato in mente, proprio adesso, insieme a molti altri in qualche modo simili, anche se più recenti, è perché lei si ricordi di quello, del fraintendimento.