Nevischio

Dopo tutto, forse, avevi ragione tu. Su ogni singola parola che mi hai sputato addosso, sperando che avesse la forza stringente della disperazione.
Nessuna forza, non più, però forse avevi ragione.
Camminando sul selciato inumidito e gelido, fra i bocconi di conversazione altrui che penetrano lo schermo della musica, la verità si fa largo con una chiarezza imbarazzante, che si è tentati di relegare lontano dal campo visivo.

Ieri, al termine dell'esame, una docente mi ha chiesto come mai avessi portato due elaborati artistici, e non uno solo, a commento del caso clinico. Le ho risposto che avevo due idee in mente, che non sapevo sacrificarne una. Lei ha guardato la copertina del libricino che avevo realizzato, una serie di disegni bianchi su carta nera, e mi ha detto Forse anche per un altro motivo.
Può essere, ho risposto.
Il titolo di quella breve storia è Blossom.
Sì, è il mio nome. E' la mia storia. Ma io l'ho visto solo quando un altro l'ha visto per me.

Cose che capitano. A tutti.

Dopo un rilassante pomeriggio col Delinquente ("E quindi, dai che te lo ricordi, il vecchio pastore trovò questi due gemellini maschi presso le rive del Te, del Te, del Tevere, mentre venivano allattati da, allattati da, allattati da una grossa?" "Ah, già, una grossa vacca!"), la Winter torna precipitosamente a casa per rinfrescarsi e correre ad un incontro di supervisione. A casa sua c'è l'antennista, mitica figura che, mesi fa, ficcò la sua di lei richiesta di un controllino sotto una pila di foglietti e disse quando ho tempo. Ieri sera aveva tempo. La Winterina, si diceva, si chiude in bagno portando seco i vestiti, alza il volume della radio per non turbare l'antennista e il giovane apprendista con il rumore dell'acqua scrosciante e le conseguenti conturbanti immagini del suo corpo statuario che si deterge. Terminata la doccina si veste, infila nella tasca dei jeans le sue graziosissime mutandine, sempre per non passare davanti all'antennista e all'apprendista antennista con quel capino intimo la cui visione certamente la esporrebbe al concreto rischio di un'aggressione sessuale, e si infila gli stivali. La Winterina si visualizza mettere le mutandine nel cesto della biancheria, ma evidentemente s'inganna perché, due ore più tardi, quando cercherà un fazzoletto per soffiarsi il nasino allergico, s'accorgerà con una buona dose di sconforto e vergogna di avere estratto dalla tasca le sue mutande. Che prontamente infilerà nella tasca davanti della borsa, al preciso scopo di poterle estrarre di nuovo questa mattina, davanti al Delinquente e a una ventina di adolescenti annoiati.
Sono certissima che nessuno si è accorto di niente.

Scarsa visibilità

La chiesa è piccola, ad una sola navata, con due file di banchi di legno. La bambina, avrà otto, nove anni, è seduta al terzo banco, sulla sinistra. Ha le trecce, fermate da lacci con delle rose blu di plastica che fanno un rumore di vetro, quando la nonna le stringe, al mattino. La bambina è timida di una timidezza implacabile e invisibile, che la accompagnerà, cambiando nome e densità, fino a che sarà una donna. Ma ora è una bambina, confusa dall'agitazione perché accanto a lei è seduto Marco. Non sente neppure cosa sta dicendo il prete, si alza, si siede. Tutta la sua energia è raggelata nella sensazione dolcissima e terribile della presenza di lui, vicino a lei, e nella fatica di dissimulare. Dissimulare l'amore e la gioia, ma soprattutto la delusione, diventerà una priorità, di lì a qualche anno.

Marco si china verso il suo orecchio sinistro e le sussurra qualcosa, ma lei non capisce. Lei non riesce a sentire neanche una parola, ha un ronzio assordante in testa; sente invece, dentro, che sta per avvenire qualcosa di meraviglioso, una sorta di svelamento, di inizio. Gli chiede di ripetere, ma di nuovo non capisce. E' imbarazzata, ma per la terza volta chiede a Marco di ripeterle quel che ha detto. Lui scandisce con maggiore attenzione, sembra un po' irritato, ma è un bambino dolce e paziente. Posso venire al tuo posto così sto vicino a Daniele?

Dopo molti anni, molti, la bambina che non è più una bambina ricorda perfettamente quel momento. Nella sua memoria si è dilatato fino a raggiungere lo spazio di ore, ma è probabile che sia durato pochi istanti. Cosa ha imparato, posto che abbia imparato qualcosa?
E' probabile che non abbia imparato nulla, se non l'importanza dello stato emotivo correlato ad un evento perché questo trovi una collocazione nella memoria a lungo termine, ma se ora questo episodio le è tornato in mente, proprio adesso, insieme a molti altri in qualche modo simili, anche se più recenti, è perché lei si ricordi di quello, del fraintendimento.

Ma il cielo è sempre più blu. Stralci di conversazioni

W: Quindi, secondo te ogni donna è una porca?
Altro Soggetto: Certo.
W: Mmhh.
Altro Soggetto: Non sei convinta?
W: Non so.
Altro soggetto: Se non lo è, è perché non ha ancora incontrato l'uomo che ha saputo mostrarglielo!
W: Ah, tipo Guarda che sei porca sulla camicia?

W: Ma sai che certe volte penso di avere dei problemi?
Altro soggetto sempre maschio ma non quello di prima: E come mai ? (visualizzare un'onda d'urto d'ironia che travalica le limitazione imposte dal mezzo e colpisce la Winter in pieno viso come neanche la margheritina che cresceva a cinque centimetri dal punto di impatto della bomba atomica)
W: Perchè me lo dicono gli altri…

Man(i)ha

Sono sopraffatta, letteralmente.
Non so come sia potuto accadere, tra l'altro, poiché non sono incline a codesto tipo di dipendenza psicologica. Ieri mattina mi sono svegliata azzittendo la sveglia e loro erano lì, mahna mahna. Forse il colore del pelo, non so. Forse quegli occhioni spalancati che pare abbiano inteso le regole che governano l'universo umano, forse il loro modo grazioso di scuotere le testoline, mahna mahna. Nel pomeriggio ho obbligato il Delinquente a vederle, dondolandomi sulla sedia e muovendo le manine, ma lui non ha capito. Scendo le scale con loro, guido con loro, mangio con loro. Tra l'altro sono efficacissime come antidepressivo, bastano due passi di danza e un volteggio e la giornata si illumina. Temo solo di non riuscire, ora che la dipendenza è arrivata a questi livelli, mahna mahna, a stare zitta, a scuola.

Che poi, in tutta onestà, due vacche rosa in quella classe ci starebbero divinamente.

"E ad ogni biforcazione, Vassilissa infilava la mano nella tasca e consultava la bambola. Devo andare a destra o a sinistra? La bambola indicava o No, o Da questa parte, o Da quella parte."

Donne che corrono coi lupi, Vassilissa, C. P. Estés.

A wife for a Hat

Fuori dal finestrino corre la città che diventa pianura che diventa lago che diventa valle nell'incanto del ghiaccio

e poi montagne
sì, ho lo zaino, non potevo venire senza, ti pare? Ti ricordi di quel giorno in cui mi sono venuti i crampi, dopo 42 km di solitudine? E il tedesco con l'emicrania? E il frottage sui muri di pietre delle cattedrali? E la Via Lattea, prima dell'ultima alba dell'ultimo giorno? MI ricordo, ci ricordiamo.
Allora si riparte? Si riparte?

Ancora treno, e tempo per pensare. Ai cammini fatti. A quelli ancora da fare. Facce da guardare, destini da indovinare.
Prendo una matita, il punto è quello che gli altri si aspettano da noi  o quello che noi ci aspettiamo da noi stessi?
Il mondo fuori dal finestrino corre, io sono ferma.
Ma è un inganno questa percezione, e io lo so.